La Rotonda
La Rotonda
Interno

Nel Seicento vengono edificate molte chiese, una di queste è la Rotonda datata (inizio lavori:1594- completamento :1606). Per ornare queste chiese i pittori vengono incaricati di realizzare teleri o affreschi. Il Tempio della Rotonda presenta una fascia inferiore che presenta 16 teleri con 8 glorificazioni di Podestà e 8 storie di Maria, una fascia mediana che presenta 20 statue in stucco forte all' interno di 20 nicchie, una fascia superiore che presenta 17 teleri con 12 celebrazioni di Podestà, 4 di Provveditori e uno solo con soggetto sacro raffigurato e la cupola presenta un affresco con al centro La Carità con la Scena del Soccorso agli appestati, sopra l'ingresso principale La Fede, sopra l'altare La Speranza.

Altare

L'idea di decorare gli altari con immagini figurative risale al re d Medio Evo: dapprima furono solo tavole dipinte con immagini di santi, poi nel periodo del Gotico, si svilupparono grandi incorniciature che diedero un'impostazione architettonica alla decorazione, e alle opere dipinte spesso si sostituirono o si aggiunsero opere che scolpite; con il Rinascimento l'organizzazione architettonica finì per prevalere, assumendo carattere di grande solennità, anche se nella fase tarda si arricchì sempre di più di elementi decorativi: come ben si resto vede nell'altare della Rotonda. L’altare: I documenti ci informano che l'imponente altare di legno venne scolpito dal rodigino Giovanni Caracchio e collocato nel 1607. Dell’artista non eccezionale ma sicuramente degno di attenzione purtroppo non si sa nulla. Si dice, seguendo la notizia fornita da Francesco Bartoli nel 1793, che il disegno generale dell'altare sia stato fornito dallo Zamberlan, ma sembra lecito domani domandarsi se un complesso cosi ricco e articolato possa essere uscito dalla stessa mente che ha pensato l'architettura della Rotonda in forme tanto scarne pur avendo un termine di riferimento solenne come la chiesa di S. Maria di Campagna, e se uno scultore capace di realizzare figure organiche e vivaci come quelle che decorano il complesso non possa aver saputo progettare in proprio una struttura che, del resto, ricalca schemi diffusi. L'autore di questo altare doveva affrontare un problema ben preciso: valorizzare nel grande spazio della chiesa la piccola immagine della Madonna del Socrarso cm 100 x 80). La soluzione, ovvia se si vuole, consistette nell'immaginare una gloria di angeli che sorregge il dipinto venerato, alla presenza del Padre eterno che benedice per manifestare il proprio compia nell'"umile serva". Questa inscenatura, però, è concepita non come a sé stante, ma inserita in una grande "macchina" architettonica che interessa quasi quasi tutta la parete est (secondo le disposizioni liturgiche che propongono la celebrazione del rito riguardando verso oriente). La struttura decorativa costituita da un grande podio in cui incastonato l'altare; dal podio si alzano quattro colonne corinzie che sorreggono una trabeazione coronata da un piccolo frontone triangolare che evidenzia la parte centrale in cui collocata l'immagine venerata portata in gloria dagli angeli. Sopra la trabeazione, un attico con una targa che ricorda la dedicazione della chiesa a Dio e alla Visitazione di Maria; sopra ancora, un frontone. [Il palliotto dell'altare] curvilineo sito sovrastato dalla scena della Crocifissione ad essa assistono, ad un livello inferiore, anche due Angeli. Ai lati della pala centrale, entro due nicchie sono le statue lignee di S Giovanni Battista (a sinistra) e di S Francesco Assisi (a destra); al di sopra di queste due piccole tele quadrate raffiguranti, rispettivamente, L’Annunciazione e la Nascita della Madonna. Tutto il complesso è sovrastato da un baldacchino a sbalzo, anch'esso vigorosamente decorato con motivi plastici e pitture (la scena centrale ha per soggetto l'Assunzione di Maria). Le pitture, eseguite da Giovanni Battista Novelli nel 1615, sono di modesta fattura; assai migliori sono le sculture, anche se non immuni da qualche rigidezza. Ma al di là dei singoli elementi decorativi bisogna considerare l'altare nel suo insieme: in una chiesa l'altare è l'elemento principale, il punto su cui si deve concentrare l'attenzione del fedele. In una chiesa a pianta rettangolare l'ingresso è, di norma, da un lato breve, per cui è la stessa struttura architettonica a guidare l'occhio verso il fondo, dove è collocato l'altare; ma in una chiesa a pianta ottagonale è facile la distrazione: bisognava, dunque, attirare con forza l'attenzione del fedele. Lo sfarzo suggerito dal gusto del dell'epoca e il brillio della grande struttura dorata raggiungono perfettamente lo scopo. Quanto all'immagine Madonna del Soccorso, al centro della pala dell'altare, e che proviene dall'oratorio di S Maria alle Mura, essa riprende l'iconografia della "Madonna in maestà": la Vergine, veduta frontalmente, è raffigurata seduta in trono in atteggia mento statico, solenne, e tiene sulle ginocchia il Bambino benedicente a cui consegna una rosa. Quest'ultimo parti colare, per altro assai diffuso, si accorda con la cultura dell'epoca fra la fine del XV sec. e l'inizio del XVI, quando fu inventata la derivazione del nome Rovigo (in latino Rodigium) dal greco rodon=rosa. Dal punto di vista strettamente artistico l'immagine venerata è piuttosto modesta.

Barocco
Barocco

Il termine barocco deriva dal francese "baroque" che nel Seicento e nel Settecento veniva utilizzata per indicare una perla di forma irregolare. In Arte questo termine infatti veniva utilizzato inizialmente come termine dispregiativo che evidenziava le irregolarità di questo stile artistico. I principali caratteri che distinguono l'arte barocca sono la complessità, l'utilizzo di forme e sistemi ingegnosi articolati e non lineari, la fantasia, carattere che punta a suscitare sorpresa e meraviglia, la luce impiegata nel creare uno spazio emozionale, il colore, coinvolgente sul piano emozionale con tonalità forti, ricche, vivaci, utilizzato anche in funzione simbolica, il coinvolgimento emozionale, lo spettatore riceve delle emozioni forti legate alla deformazione e all'esagerazione. Nelle opere religiose si cerca di suscitare compassione con aspetti sgradevoli, il senso dell'infinito, viene creato con prospettive spettacolari le quali evidenziano i fenomeni percettivi attraverso espedienti ottici.
Negli creazione di edifici barocchi ci sono due fasi che sono slegate tra loro, la struttura e l'aspetto dell'edificio. La struttura aveva delle logiche proprie mentre per l'aspetto estetico dell'edificio venivano utilizzate delle decorazioni (caratteristiche aggiunte per abbellire la struttura), le quali andavano a definire una sorta di pelle per l'edificio.
Lo stile barocco è stato uno stile architettonico e in un certo qual modo più le arti figurative sono a contatto con l’urbanistica e più barocche diventano. Il barocco lo si trova maggiormente nei grandi affreschi nei quali si ritrovano la maggior parte dei caratteri che distinguono questo tipo di arte. La maggior produzione pittorica sia ad affresco che su tela la si ritrova nelle costruzioni di Chiese Seicentesche e Settecentesche come la nostra "Rotonda". Entrando in "Rotonda" infatti, molto particolare è l'effetto che si ha nel guardare la volta in quanto la pittura barocca viene messa in risalto dagli effetti illusionistici che la forma della volta permette di dare.
La scultura barocca arricchiva l'interno e l'esterno di edifici e chiese e venivano usati numerosi tipi di materiale accostati in maniera diversa per ottenere effetti policromi: marmi di diversi tipi, stucchi dorati, bronzi, e grandi specchiere. Nella Rotonda sono presenti 20 statue le quali raffigurano dei Santi. Uno di questi Santi è San Bellino che è il Patrono di Rovigo. Ai lati sono riportate le immagini di alcuni simboli del Barocco presenti nella Chiesa.

Organo

L'organo e la cantoria

L'attuale organo della Rotonda venne installato nel 1767, e ne fu autore il veneziano Gaetano Callido, uno dei massimi organari dell'epoca. Da quando, nel 1762, aveva avviato l'attività autonoma, questo era il suo trentaquattresimo lavoro: è uno strumento di dimensioni ridotte ma di ottima sonorità. Che la chiesa avesse un organo fin dalle origini e molto probabile: la cantora e le casse in cui sono contenute le canne risalgono infatti ai primi anni del XVII sec. I lavori di legno intagliato vengono attribuiti a Giovanni Caracchio per l'affinità stilistica con l'altare. Il frontone triangolare spezzato che corona la cassa presenta alla sommità una piccola statua della Madonna; ai lati, in atteggiamento simmetrico, due Angeli. Le portelle della cassa, dipinte da Giovanni Battista Novelli nel 1615, presentano all'esterno le figure dell'Immacolata (a sinistra) e di S. Agnese (a destra); all'interno quelle di S. Marco(a sinistra) e di S Francesco d'Assisi(a destra). Il parapetto della cantoria è anch'esso decorato con pitture su tela, sovrapposte alla ben più modesta decorazione originale. Per queste opere i documenti non forniscono i nomi degli autori, per cui sono state avanzate delle attribuzioni che finora non hanno incontrato discussioni significative. Al centro è la Madonna con Gesù bambino fra i santi Giovanni Battista e Francesco d'Assisi, attribuita a Pietro Liberi; a sinistra è la Madonna con S. Bonaventura da Bagnoregio, attribuita a Gregorio Lazzarini; a destra la Madonna con Antonio da Padova attribuita ad Antonio Zanchi: in pratica, dunque, è un'esaltazione dell'Ordine Francescano.


Gaetano Callido

Gaetano Antonio Callido nasce ad Este il 14 Gennaio 1727 durante il periodo della repubblica di Venezia. Sin da giovane, Callido espone un forte interesse e una grande propensione alla costruzione di organi costruendo infatti il suo primo strumento all'età di 21 anni circa a Padova. Callido studia con una forte motivazione e viene accolto come studente dal frate Pietro Nacchini dal quale però si distacca nel 1762 per proseguire il suo lavoro autonomamente. Solamente un anno dopo, nel 1763, gli erano gia stati commissionati 6 organi e la sua fama continuò ad espandersi. Callido infatti espanse le sue mire lavorative lavorando oltre che nel territorio veneziano, anche nelle Marche, in Romagna e Costantinopoli, raggiungendo quindi un apprezzamento internazionale nel suo settore. Il suo diletto e la sua bravura raggiunsero livelli molto elevati e nel 1766 ricevette un incarico per la costruzione di tre organi per la basilica di San Marco a Venezia grazie al quale ricevette diversi onori, come l'esenzione dai dazi, e fu nominato, nel 1770, conservatore stabile, confermando quindi il lustro e la fama che si era costruito. La carriera di Callido procede instancabile anche dopo il governo Napoleonico, ma l'8 Dicembre 1813 Callido si spegne a Venezia e la sua attività va in mano ai figli e in seguito alla famiglia Bazzani. L'opera n°34 del Callido è un organo a canne costruito nel 1767 e posto all'interno della chiesa di Santa Maria del Soccorso a Rovigo. Questo strumento, l'organo più antico del polesine, venne commisionato al maestro Callido in sostituzione al vecchio organo della chiesa e nel 2008 venne restaurato da Francesco Zanin.

Soffitto
Soffitto

Il soffitto è decorato da un affresco raffigurante un miracolo della Madonna del Soccorso eseguito da Vittorio Bressanin nel 1887, e di cui si conserva il bozzetto nel locale che custodisce l'archivio della Rotonda. Il dipinto sintetizza il senso della devozione mariana quale si esprime in questa chiesa, in quanto vi è raffigurata la miracolosa cessazione dell'epidemia che aveva colpito Rovigo, ottenuta per intercessione della Madonna del Soccorso. Si vede infatti l'immagine raffigurata nell'edicola a sinistra (la cui forma è frutto della fantasia del pittore), e sopra l'edicola si ha l'apparizione della Madonna che giunge in soccorso dei malati le cui figure occupano gran parte della scena. Dal punto di vista iconografico si può osservare che la mancanza del bambino Gesù suggerisce l'idea che il miracolo sia compiuto dalla Vergine, mentre per il cristiano i miracoli sono compiuti da Dio eventualmente per intercessione di Maria o di altri santi. La storicità dell'episodio rimane ancora da dimostrare: come dire che il pittore ha lavorato esclusivamente di fantasia: ma questo non crea problema, sia perché gli artisti hanno sempre lavorato di fantasia anche affrontando soggetti storicamente ben definiti, sia perché per il cristiano è ovvia l'intercessione di Maria a favore degli uomini, che può tradursi anche in eventi eccezionali e inspiegabili razionalmente, sebbene questa convinzione a volte possa dare origine a leggende popolari insostenibili. Discutibile, invece, è il risultato artistico. Il dipinto, infatti, pur risultando di effetto decorativo gradevole in una considerazione d'insieme, se esaminato in sé si rivela piuttosto modesto. Anche trascurando le acrobazie prospettiche non del tutto controllate, la rappresentazione della scena appare viziata dalla contraddizione fra la pretesa di realismo e il carattere convenzionale delle figure, per cui il significato del dipinto rimane puramente illustrativo anche se può essere guardato volentieri. Nella cornice dipinta che circonda la scena sono raffigurate le allegorie della Fede e della Speranza.

Opere

Fascia inferiore

La fuga in Egitto (attribuito a Pietro Negri)

Sul dorso di un asinello condotto da due angioletti è Maria che allatta il piccolo Gesù: accanto è Giuseppe che indica il percorso. In primo piano, all'estrema sinistra, un angelo adulto sembra esprimere devota ammirazione per la sacra famiglia; In alto, sopra la Madonna, appaiono due angeli che suggeriscono l'assistenza divina. L'episodio è descritto in un ambiente caratterizzato da rovine classiche. Data la sua collocazione, il dipinto dovrebbe datarsi attorno al 1658. L’autore non è stato individuato, e non sembra facile avanzare un'attribuzione convincente. Vittorio Sgarbi ha proposto il nome di Pierro Negri: questa, allora, sarebbe una sua opera giovanile: è comunque un chiaro esempio di pittura tenebrosa' qual era di moda a Venezia dopo la metà del XVII sec. la cultura locale non aveva compreso il significato rivoluzionario della luce del Caravaggio, e la ridusse a semplice espediente spettacolare.


Glorificazione di Bartolomeo Querini (Pietro Ricchi, 1657)

Il podestà mori a Rovigo il 10 novembre 1657, dopo meno di dieci mesi di governo: egli è raffigurato in ginocchio, sulla destra; al centro, dietro la Carità afflitta, è la Morte che sta scagliando il dardo fatale; alle spalle del podestà è la Città di Rovigo che piange il proprio lutto; in alto a sinistra compare la Madonna col Bambino. L'ambiente è caratterizzato da una sontuosa scenografia architettonica. L'autore, nato a Lucca ma presto attivo il Lombardia, nel 1625 si trasferiva a Venezia dove finiva per accogliere le suggestioni della pittura 'tenebrosa', senza però rinunciare all'eleganza del disegno. Si noti come il podestà non stabilisca alcuna relazione con le figure celesti che pure si rivolgo no a lui (il Bambino Gesù addirittura con un gesto di benedizione): quasi a suggerire l'idea che la protezione giunge dal cielo senza che ce ne accorgiamo, e che secondo l'ottica della fede è benedizione anche ciò che crea turbamento e dolore.


Glorificazione di Alvise Foscarini (Pietro Liberi, 1656)

La Città di Rovigo qui rappresentata ignuda, riprendendo un motivo di sapore manieristico presenta il Foscarini alla Madonna che tiene Gesù sulle ginocchia e appare fra dense nuvole; a terra sono i vizii abbattuti dal buon governo del podestà. Lo sfondo architettonico sulla destra è del tutto fantastico. Questo è il primo dei tre quadri realizzati dal Liberi per la Rotonda (gli altri sono i nn. 63 e 70). Dopo una gioventù segnata da viaggi e avventure il pittore padovano prese dimora a Venezia, incontrando il successo nel 1650: quando dipinse il quadro celebrativo del Foscarini, dunque, era pittore già affermato. Qui il Liberi sintetizza notevolmente la rappresentazione, concentrandola(a differenza del quadro precedente) sull'intensità del rapporto psicologico fra il podestà e il Bambino Gesù che gli viene presentato dalla Madonna. Il volto del Foscarini ha l'incivisità di un ritratto atto dal vero.


Adorazione dei pastori (autore ignoto)

Il neonato Gesù, adagiato al suolo su un panno bianco, è adorato da Maria e da un folto gruppo di pastori. La luce intensa emanata dal Bambino fa capire il significato eccezionale del Pargolo. In alto, alcuni angioletti agitano un nastro con la gitano scritta "Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis". Anche per questo dipinto, probabilmente eseguito a metà secolo, non si è ancora trovata un'attribuzione convincente. Il tema ha, com’è ovvio, una lunga tradizione figurativa anche perchè è un chiaro invito all’osservatore ad immedesimarsi nei pastori. La rappresentazione della scena in situazione notturna si affaccia all'inizio del XV secolo e trova ampia diffusione con il precedere verso un sempre più spinto naturalismo che coinvolge maggiormente lo spettatore dal punto di vista emotivo Qui l’effetto è esaltato, per contrasto, con l'espediente dei personaggi in primo piano in controluce.


Incoronazione della Madonna (Francesco Maffei)

Al centro, entro una fantastica gloria di angeli Maria è genuflessa: ai suoi lati sono il Figlio e il Padre che, assistiti dallo Spirito Santo, le pongono una corona sul capo. In primo piano, a sinistra è s. Giuseppe, a sinistra del quale un angioletto sostiene il bastone fiorito; a destra è s. 45 Giovanni Battista. Nato in Francia nel XII secolo, il tema espresso inizialmente in termini assai essenziali si arricchì progressivamente di elementi spettacolari, ma sempre controllati con un ordine rigoroso, raffigurando un Paradiso immaginato come una corte regale terrena, dove i cortigiani erano angeli e santi. La tendenza realistica sviluppata dal Rinascimento ha portato a sottolineare il Paradiso come luogo diverso dalla Terra, rappresentandolo come spazio sopra le nuvole, e gli angeli e i santi vi compaiono come elementi che simboleggiano la gloria spirituale. Il Maffei il maggior pittore veneto del XVII secolo ha realizzato qui un'opera di grande suggestività, fondendo in modo personale gli spunti presi da alcuni pittori del Cinquecento Tiziano, Tintoretto e Veronese, il dipinto dovrebbe datarsi alla metà del secolo.


Glorificazione di Bertuccio Civran (Francesco Maffei, 1649)

Podestà è inginocchiato al centro: alle sue spalle l'Umilta (che tiene in braccio un agnello) e la Carità (che tiene in mano un cuore) davanti a lui due putti reggono un fascio di spighe, di alloro e di rami di palma, a simboleggiare l'abbondanza, la gloria e la pace, in alto a sinistra una corona di angeli circonda l'apparizione della Vergine che consegna al Bimbo una rosa. pur non occupando il centro della tela, il podestà il protagonista della composizione stagliandosi davanti alla colonna che separa le due parti del quadro a destra le e la suggestiva scenografia, a sinistra il riferimento religioso entro una cornice circolare di nubi e di angeli: organizzazione semplice e fluida, realizzata con grande freschezza pittorica.


Glorificazione di Giovanni Cavalli (Francesco Maffei, 1646)

Inginocchiato al centro, il podestà è raffigurato con i suoi collaboratori mentre è assistito della Giustizia e dalla Prudenza. La giustizia dialoga con S. Bellino che ha il braccio destro teso verso la Madonna ma con la mando indica l’acidaro (il copricapo dogale) portato da due putti. A lato della Madonna è inginocchiato S.Giovanni evangelista che con il gruppo di cavalieri sottostante allude al nome del podestà Questo è il secondo quadro celebrativo realizzato per la Rotonda, ed è il primo dipinto realizzato dal Maffei per Rovigo. Pur mostrando una grande abilità nella stesura pittorica, qui l’artista mostra di faticare un po’ nell’organizzazione le tante figure denunciando una certa rigidezza anche nei ritratti dei collaboratori del podestà raggruppati a destra.


L'Annunciata e L'angelo annunciante (autore ignoto)

Maria, sorpresa dall’arrivo dell’angelo, si svolge di scatto; su di lei scende lo Spirito Santo. Recando un giglio bianco, simbolo di purezza, il messaggero di Dio entra dall’alto nella casa di colei che accetterà di diventare la madre del Redentore. Le figure di questa coppia di quadri sono piuttosto inerti.


Glorificazione di Pietro Morosini (Antonio Randa, 1644)

Il podestà è inginocchiato davanti alla Madonna che appare fra i ss. Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman; accanto al Morosini sono una cornucopia e, al margine sinistro della tela una gru regge un sasso, simbolo di vigilanza. Alle spalle del podestà si evidenzia una figura che potrebbe essere lo stesso pittore; in fondo, sotto il portico, si scorgono i due regolatori Giovanni Durazzo e Sertorio Casalini, in carica in quel periodo. Nel paesaggio di sfondo è raffigurato il castello di Rovigo davanti al quale compaiono dei cavalieri; altri cavalieri compaiono da destra altri ancora sui vedono correre nella campagna. La dedica fa capire che la tela esprime la gratitudine del podestà per una grazia ricevuta: probabilmente allude alla guerra di castro che; combattuta nel periodo del suo governo si svolse anche ai confini del polesine ma risparmiò il territorio. La parte più rilevante della decorazione della Rotonda è cominciata con questo quadro commissionato, forse dallo stesso podestà, al pittore bolognese allora attivo a Rovigo da un decennio. L’esecuzione diligente e la composizione chiara ma ormai convenzionale (derivate anche dalla formazione emiliana del Randa, di cui, per altro, si sa molto poco) rivelano un autore dotato di buona professionalità; ciò non di meno il quadro appare costruito senza il sostegno di una vera idea di sintesi.


Glorificzione di Scipione Boldù (Giovanni Battista Rossi, 1648)

Anche qui il podestà è inginocchiato, ma i due regolatori ( gli stessi Durazzo e Casalini citati al n.50) gli sono accanto a venerare la Madonna che appare fra i ss. Stefano papa e Giustina, patroni delle due parrocchie di Rovigo. Anche qui non è stato individuato il personaggio che compare all’estrema sinistra, fra le due statue che alludono alle virtù della Fede e della Speranza. L’attribuzione di questo dipinto è accettata concretamente anche se con qualche prudenziale riserva. Sul Rossi, del resto, si sa molto poco: allievo del Padovanino a Venezia, egli era nato a Rovigo nel 1627 ca.: questa, dunque, sarebbe una sua opera giovanile: il che può spiegare qualche rigidità nelle figure sacre, elaborate di fantasia e la maggior franchezza nei ritratti. SI noti come le figure allegoriche sono contenute in termini di mero contorno, mentre in quasi tutti gli altri dipinti celebrativi hanno un ruolo primario.


Visitazione (Giovanni Brunelli, 1650)

L'incontro di Maria e l'anziana parente Elisabetta avviene in uno spazio pubblico frequentato da gente di ogni tipo : può intendersi come allusione alla Corporazione dei mercanti che commissionò l'opera. L'ambiente è ca­ ratterizzato da una loggia monumentale. La corona di angioletti che scende dal cielo fa capire che quanto sta accadendo sotto di essi è un avvenimento che coinvolge la divinità. La coppia di colombe bianche in alto a sinistra potrebbe essere simbolo dell'amore cristiano. In fondo a destra è raffigurata la Rotonda. l soggetto è desunto dal Vangelo di Luca (1, 39-45). A nche in questo caso ci si imbatte in un pittore mal cono­ sci uto e certamente poco brillante: se l'intenzione di attualizzare l'episodio poteva essere interessante (non si dimentichi che l'intitolazione ufficiale della Rotonda è alla Visitazione di Maria), la realizzazione rimane debole per la durezza del disegno e la modestia del colore.


Glorificazione di Sante Moro (Francesco Maffei, 1653)

Il podestà, inginocchiato al centro, è contornato da figure terrene e celesti. In basso sono le allegorie: da sini­ stra: Ve nezia (che ha ai piedi il leone alato), l'Abb ondanza, il povero che ha alle spalle l'Amo re per i poveri (che tiene in mano una f iamma); a destra la Virtù che scaccia i Vizii. In alto a destra compare la Madonna fra angeli musicanti. Rispetto ai precedenti quadr i celebrativi (nn. 6 e 7) qui il Maffei mostra una capacità compositiva più matura e articolata, collocando le f igure allegoriche in modo da cost ituire delle seq uenze che rimandano al protagon i­ sta: anche l'apparizione celestiale alle spalle del podestà rende più giustificabile che questi si volga verso l'os­ servatore. La qualità pittor ica, decisamente alta, tocca gli effetti più suggestivi nelle figure di sinistra.


Glorificazione di Benedetto Zorzi (Autore ingnoto, 1655)

Il gruppo in basso, sulla sinistra, mostra l'Abbondanza, la Giustiz ia, la Virtù e la Prudenza che circondano il po­ destà, presso il quale è anche una gru che regge un sasso; in alto appare la Madonna fra i santi Benedetto da Norcia e Giorgio, allusivi al nome del podestà. Lo sfondo presenta a sinistra architetture classicheggianti, a destra un castello (la torre richiama immediatament e il mastio del castello di Rovigo) in riva ad un fiume su cui galleggia un mulino ad acqua; e ancora una chiesa, alcuni casolari e gente che si muove indaffarata sulle rive del fiume. Un tempo attribuito ad Antonio Servi, questo quadro gli è stato tolto dallo Sgarbi: la qualità è troppo scadente per far pensare ad un professionista per quanto mediocre.


Assunzione della Madonna (Giovanni Coli e Filippo Gherardi)

La Madonna è portata in cielo fra una glor ia di angeli; due di questi, in alto, recano la corona (a sinistra) e il giglio bianco (a destra); un altro angelo, in basso a destra, sparge rose. Nella Chiesa cattolica l'assunzione di Maria è stata definita come dogma nel 1950, ma la sua tradizione è do­ cumentata almeno dal Il secolo . L'attribuzione al duo Coli e Gherardi - attivo a Venezia fra il 1662 e il 1669 - impone di conclude re che per molti anni questo tratto di parete sia rimasto spoglio, mentre già nel 1658 si cominciava a decorare la fascia su­ periore. D'altra parte, la qualità del dipinto rende difficile sostenere l'antica attribuzione ad un dilettante rodi­ gino. La semplicità della composizione è solo apparente : gli angeli raffigurati di scorcio sugge riscono movimenti di ro­ taz ione che imprimono un forte dinamismo all'insieme, valorizzando la rotazione del busto di Maria. La fragranza della pittura è particolarmente evidente nella luce perlacea delle stoffe.


Fascia superiore

Glorificazione di Almoro Dolfin (Antonio Zanchi, 168)

Il podestà, inginocchiato, è accompagnato da tre figure allegoriche sula destra: quella seduta tiene in mano il caduceo, simbolo di equilibrio; le altre due non sono identificabili per insufficienza di attributi simbolici evidenti; dietro a questo gruppo, separati da una quinta di nuvole, compaiono la Madonna e il Bambino e due santi che dovrebbero essere Francesco d’Assisi e Bellino; in basso a sinistra si intravede la rappresentazione di una città gravata da un cielo plumbeo, che dovrebbe essere Rovigo. Lo Zanchi – morto più che novantenne nel 1722 – fu uno dei protagonisti della pittura “tenebrosa”, anche se nella vecchiaia mostrò di indebolire il proprio carattere espressivo. Dei suoi tre dipinti per la Rotonda, questo è l’ultimo, ma appartiene ancora alla piena maturità dell’artista. Dietro al Dolfin le figure allegoriche e quelle sacre si raggruppano con ordinata vivacità in uno spazio reso irreale dalla presenza delle nuvole, rendendo ancor più suggestivo lo squarcio naturalistico del paesaggio.


Glorificazione di Giovanni Giustiniani (Andrea Celesti, 1681)

Il podestà, inginocchiato ai piedi della Madonna che appare sfolgorante fra la nubi: ma egli fissa l’attenzione sul gruppo che ha davanti a sé: tre figuri virili riverse dominate da una quarta, coronata, che tiene delle catene, e comunemente interpretate come i quattro fiumi del Polesine (la figura coronata rappresenterebbe il Po, le altre l’Adige, l’Adigetto e il Tartaro-Canalbianco), le cui acqua sono costrette entro argini pensili; sulla destra, in primo piano, la Vigilanza (che regge una lucerna accesa) riceve da un paggio il modello delle città di Rovigo; dietro, a destra, una donna tiene in braccio un cane e per ciò potrebbe rappresentare la Fedeltà; a sinistra la Giustizia. Accanto alla Madonna e sopra il podestà appare s. Giovanni Battista. Anche qui la retorica barocca è profusa a piene mani, ma la scena, imposta su fasce oblique, non ha bisogno di pose troppo caricate per risultare vivace, In questo quadro la pittura spumeggiante tipica dell’artista conferisce all’insieme una levità particolare, avvolgendo la figura del podestà in un’atmosfera fantasmagorica, quasi che il Giustinian sia portato nella gloria celeste anziché essere le figure del cielo ad apparire al livello dei comuni mortali.


Glorificazione di Nicolò Balbi (Autore ignoto, 1680)

Il podestà, inginocchiato a venerare la Madonna in un arioso scenario architettonico, è circondato da quattro virtù: la Giustizia, la Fortezza, la Prudenza e la Temperanza. All’estrema destra compare la Città di Rovigo; alla parte opposta sono i due fiumi Po e Adige. Le attribuzioni avanzate per questo quadro non sono risultate finora convincenti. Più che nelle altre tele della Rotonda qui l’architettura ha un valore che è non solo di sfondo o di decorazione ma anche di forte caratterizzazione dello spazio in cui le figure si inseriscono in modo organico, anche se la composizione è scopertamente retorica, così anche l’atteggiamento del podestà mostra di essere più di propaganda che di devozione.


Glorificazione di Tommaso Querini (Antonio Randa, 1626)

Il podestà è inginocchiato ad adorare il bambino Gesù che gli viene presentato dalla Madonna, la quale ha ac­ canto s. Francesco d'Assisi. Le importanti ricerche di Carla Boccata e M. Teresa Pasqualini Canato hanno permesso di definire la vicenda di questo dipinto di cui già si sapeva che era stato ingrandito per poterlo inserire nella serie celebrativa de i podestà: il pavimento e la quinta architettonica con il drappo sono, infatti, frutto di aggiunte che, invero, appesantiscono la composizione iniziale . La tela, realizzata sùb ito dopo l'uscita del Querini dall'incarico a Rovigo, in origine era esposta nell'aula ottagonale della chiesa, ciò che permette di capire come la realizzazione de i grandi teleri, avviata nel 1644, sia frutto di un'evoluzione di un'idea già presente e che si può immaginare stimolata dal grandi esempii di altre città venete, a cominciare, naturalmente, da Venezia e dal suo Palazzo Ducale. L'attribuzione al bolognese Anton io Randa e l'epoca di realizzazione del dipinto possono spiegare sia la sostan­ ziale chiarezza della concez ione che la scarsa ènfasi celebrativa, come emerge dal confronto con le altre tele.


Glorificazione di Carlo Bellegno (Giulio Cirelli, 1672)

Attorno la podestà inginocchiato sono tre grupp i: a sinistra in alto la Madonna con il Bambino fra i santi Bellino e Anton io di Padova; in basso l'Abbondanza che sv uota la cornucop ia in grembo alla Città di Rovigo; a dest ra la Giustizia, la Temperanza, la Fortezza e la Prudenza. Fra Rovigo e il podestà è la f igura allegorica del Po. Malgrado le figure siano atteggiate a gesti impetuosi, l'insieme è piuttosto statico. Complessivamente l'opera è abbastanza gradevo le, ma non riesce a superare la convenzionalità.


Glorificazione di Domenico Zen (Pitero Vecchia, 1669)

È l'unico quadro della serie in cui non compare la Madonna. La Fama presenta il provveditore (lo Zen sostituì il podestà Alessandro Contar ini che era stato nominato procuratore di S. Marco) al Cr isto risorto, dietro al quale la Benignità fa uscire latte dalle mammelle; a destra, sempre in alto, la Misericordia e la Giustizia celesti assistite dallo Spirito Santo, a cui corrispondono, in basso, la Pace e la Giustiz ia terrene e, in fondo, l'Amicizia e la Verità; sulla sinistra è l'Abbondanza, dietro la quale due giovani donne si abbracciano; in fondo un angelo con la spada fiammeggiante scacc ia la Discordia. Qui il pittore ha realizzato una scena ecc itata graz ie all'organizzaz ione delle numerose figure (sono ben 16) se­ condo linee diagonali parallele fra loro, ed enfatizzando anche la profondità spaziale con un abile gioco di se­ quenza di piani esaltato dalla visione dal basso, e def inendo tutto con luce cristallina e intensa, e con un tono cromàtico argenteo.


Glorificazione di Zaccaria Vendramin (Pietro Liberi, 1663)

Di fronte all'apparizione della Madonna (qui rappresentata senza il Bambino che pure è il centro della fede cri­ stiana) il podestà si inginocchia guardando, tuttav ia, l'osservatore. Le figure allegoriche che circondano il Ven­ dram in sono nella parte centrale l'Abbondanza e, dietro, la Pace; sulla destra, in primo piano è la Fede, dietro di lei la Prudenza e, oltre un'altra figura femmini le non individuata, la Fama. Notevole è la natura morta sopra la lapide dedicator ia in basso a sinistra. Rispetto alla tela dipinta pochi anni prima dallo stesso artista (v. n. 3 della fascia inferiore) la composi zione risulta un po' più articolata e di gusto più scopertamente teatrale , anche per la presenza di un maggior numero di figure.


Glorificazione di un provveditore alla sanità (Antonio Triva, 1658)

L'ignoto personaggio ed un suo paggio si inginocc hiano davanti alla Madonna che appare avendo accanto a sé s. Sebastiano, protettore contro le pestilenze perché sopravvisse alla trafittura delle frecce (che nell'antichità classica erano collegate alle pestilenze provocate dal dio Apo llo). Opera abbastanza convenzionale ma no n priva di elementi pregevoli come la vigorosa testa del protagonista.


Glorificazione di un provveditore alla sanità Andrea Molin (Antonio Triva, 1658)

Il provveditore, accompagnato da un servo moro, è inginocchiato e ìndica all'osservatore la Madonna che sta conversando con s. Rocco (protettore, assieme a s. Sebastiano, contro le pestilenze), a cui è accanto il cane che gli portava il pane quando giaceva ammalato di peste dopo che era stato contagiato durante l'assistenza ai malati . Il Bambino osserva un mazzo di rose, allusione a Rovigo. A nche qui, come nel pendant, il ritratto del provveditore è la parte meglio caratte rizzata.


Glorificazione di Marco Michiei (Autore ignoto, 1666)

Dietro al podestà inginocchiato, oltre ad alcuni angeli (due dei quali, in alto, recano i simboli della giustizia) , compaiono, a sinistra, la Fortezza e la Carità; a destra le allegorie del Po e dell'Adige; in alto appare la Madonna con il Bambino . Riguardo all'attribuzio ne questo dipinto, sul quale manca la doc umentazione, pone un problema per ora non ri­ solto. Dal punto di vista stilistico esso fa pensare che l'autore sia stato il Padovanino, ma il pittore morì nel 1649, mentre gli stemmi hanno portato a identificare il podestà in Marco Michiel, che fu a Rovigo ne l 1665-66. Comunque sia, tra i quadri celebrativi dei podestà questo ha l'impostazione più naturalistica e tranquilla, suggerendo una sensazione di pacata sere nità.


Glorificazione di Leonardo Donà delle Rose (Giovanni Carboncino, 1670)

Di fronte alla Madonna che appare fra cumuli di nubi, s. Anton io di Padova intercede per il provveditore straor­ dinario (che sostituì il podestà Lorenzo Cappello, morto appena giunto a Rovigo), il quale è affiancato dalla Giust izia e dalla Carità; fra queste due co mpare la Città di Rovigo. Dopo tante incertezze nell'attribuz ione di questa tela, il cui carattere accademico non nasconde una apprezzabile dignità formale, sembra sostenibile l'individuazione dell'autore in Giovanni Carbonc ino, pittore veneziano assai poco documentato, le cui ultime notiz ie sicure ci dicono che era ancora in vita nel 1692 , quando doveva avere poco più di 60 anni. Anche qui il personaggio celebrato, pur se in ginocchio, a tutto sembra pensare eccetto che a s. Antonio che intercede in suo favore presso Maria (mentre il bambino Gesù è anch'egli distratto...).


Glorificazione di Antonio Loredan (Antonio Zanchi, 1673)

Circondato dall'Ab bondanza, dalla Giustiz ia e dalla Prudenza, il podestà è in ginocchio e tuttavia non semb ra interessato all'apparizione della Madonna. Questo è il primo dei dipinti realizzati dallo Zanchi per la Rotonda, e precede gli altri di una decina d'anni. L'insieme non brilla certo per originalità di concezio ne, ma è condotto con grande abilita d1 me­ stiere, e risulta piacevole per il cromatism o intenso e la luce calda tipici dell'artista.


Glorificazione di Antonio Sagredo (Pietro Liberi, 1675)

Il podestà è inginocchiato in adorazione di Gesù bambino che, su invito della Madonna, lo benedice. A sinistra, due figure virili stese a terra rappresentano i Vizii sconfitti dalle virtù del Sagredo; sulla destra due coppie di figure femminili sono intente l'una a scrivere, l'altra a consultare una mappa, probab ilmente per alludere ad ini­ ziative del podestà. Vicino alla prima coppia è un'oca che tiene una zampa su un'arnia attorno alla quale volano molte api; più in là, al suolo sono sparpagliate molte pannocchie di mais: rispettivamente possono essere inter­ pretate come simboli di fecondità, di operosa concordia civile e di abbondanza. Sopra la seconda coppia è so­ speso un serpente che mordendosi la coda forma un cerchio, simbolo del tempo infinito. Lavorando per la Rotonda vent'anni dopo il suo primo intervento (v. n. 3 della fasc ia inferiore) il Liberi riprende lo stesso spunto del rapporto psicologico intenso che qui è fra il podestà e il piccolo Gesù (è l'unico quadro, questo, in cui è chiaro il ruolo di Maria come mediatrice fra l'uomo e Dio), così come vi ene ripresa l'impostazione diagonale sottolineata da cumuli di nubi dai toni cupi ma dai bordi illumi.nati. Qui per? l'apparizi.one vviene nella parte mediana della tela, così da equilibrare la presenza de lle f1gure allegorrche che rremp1ono la parte bassa del dipinto, opportunamente scalate per assec ondare la diagonale che divide in due il rettangolo figurativo.


Glorificazione di Giulio Gabriel (Antonio Servi, 1677)

In alto a destra appare la Trinità adorata dalla Madonna; all'angolo opposto, davanti a un classicheggiante edif icio circolare , è il podestà attorniato dall'Amore paterno (la figura a sinistra, che tiene un pellicano che nutre i figli), dalla Ver ità, dalla Grazia (intesa come virtù umana, in quanto indicata dalla statuetta classica delle tre Grazie), dalla Fama e dall'Abbondanza; in basso a destra un soldato alza la spada contro due infedeli. A dispetto della gesticolazione esagitata le f igure non si muovono.


Glorificazione di Giovanni Battista Foscarini (Giulio Cirelli, 1678)

In alto, al centro, è la Madonna vene rata da s. Giovanni Battista; in basso, ancora in posiz ione centrale, è il po­ destà di fronte al quale si inchina la Città di Rovigo; accanto a questa è il Po le cui acque la separano dalla Città di Ferrara seduta in basso a destra. Le due figure femminili al lìmite del quadro probabilmente alludono alle Elìadi, sorelle di Fetonte (che con il carro del Sole fu precipitato nel fiume Po) le quali, perché cessasse il loro pianto causato dalla morte del fratello, furono da Zeus tramutate in pioppi. A lle spalle del podestà, davant i ad un forte motivo architettonico sono la Vigilanza e la Fede. Rispetto all'altro quadro (v. n. 5), dipinto cinque o sei anni prima, il pittore mostra un più convincente coordi­ namento delle figure.


Assunzione della Madonna (Giovanni Coli e Filippo Gherardi)

Il podestà morì a Rovigo nell'ottobre 168 2, quattro mesi prima di concludere il mandato: questo spiega l'atmo­ sfera notturna e anche la scelta delle figure allegoriche che circondano il podestà inginocchiato davanti alla Ma­ donna: in alto compare la Fama (a sinistra); alle spalle del podestà è Àtropo, quella delle tre Parche che aveva il compito di rec idere il f ilo della vita: dietro di lei,infatti, compare la Morte ; sulla destra, sia la Città di Rovigo, vestita a lutto , sia l'Adige manifestano l'afflizione per l'evento. Il confronto con il quadro adiacente (n. 1), realizzato solo due o tre anni prima, permette di osservare che lo Zanchi realizza una composizione più ser rata e inserisce con maggior decisione il podestà nel gruppo delle figure sacre e allegoriche.


Fascia intermedia

Le opere raffiguranti Santi e miracoli, che occupano la fascia intermedia delle pareti interne del Tempio, sono presenti nella sezione Miracoli del sito.